JP2 Lectures // prof. François Daguet OP: Political Theology from St. Thomas Aquinas to John Paul II

Mercoledì 24 marzo si è tenuta una lezione della serie dell’Istituto di Cultura San Giovanni Paolo II, presso l’Angelicum di Roma. La lezione dal titolo “Teologia politica da San Tommaso d’Aquino a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI” è stata tenuta dal Prof. Francois Daguet, teologo e attuale direttore dell’Istituto San Tommaso d’Aquino di Tolosa

Questa lezione della serie di San Giovanni Paolo II, è stata introdotta da Padre Serge-Thomas Bonino, Decano del Dipartimento di Filosofia dell’Angelicum, che ha ringraziato i patroni e gli sponsor dell’Istituto e ha annunciato i prossimi eventi. Ha dato la parola a Dariusz Karłowicz che ha introdotto il nostro ospite e i temi da discutere.

Il Prof. Francois Daguet ha iniziato ricordando le circostanze che hanno dato origine alla nozione di una teologia della politica (teologia politica) e come è nata in concomitanza con i nuovi sistemi politici totalitari. Ha anche richiamato l’attenzione sulla polemica tra Carl Schmitt e il teologo svedese convertito dal protestantesimo al cattolicesimo Erik Peterson, che un tempo criticava l’approccio della teologia politica come un mezzo per giustificare l’ordine attuale della politica attraverso la teologia e le sue metodologie, correndo però il rischio di una santificazione oggettiva della politica.

Daguet cerca qui una comprensione da una prospettiva teologica su “come considerare adeguatamente gli aspetti comunitari della vita umana nel quadro teologico cristiano”. Una teologia per la politica, si articola più precisamente come “teologia della politicità” e la intende soprattutto come una teologia della comunanza. Essendo, inoltre, un filosofo, si collega a quanto tardi sia apparsa nella tradizione della Chiesa questa riflessione di un orientamento teologico cristiano alla politica. Tenendo presente questo, Sant’Agostino ha giocato un ruolo sottovalutato nel commentare la lotta spirituale tra il regno di Dio e il regno del mondo, troppo spesso interpretato letteralmente come una tensione tra uno stato politico tangibile e la Chiesa.

Pertinente per tutte le questioni discusse qui è il periodo storico durante il quale l’agostinismo politico fu prevalente, e il risultato fu il tentativo di imporre la legge di Dio sulla legge naturale. Questo ha dato forma al diritto positivo, comunemente noto anche come diritto statutario.

Il Prof. Daguet ci ha portato a una svolta cruciale, ora nel pensiero di San Tommaso d’Aquino che ha postulato una visione della politica fondata sulla comprensione dell’immagine e della somiglianza di Dio nell’uomo. Per San Tommaso qualcosa di enormemente rilevante per la discussione dell’ordine rispetto alla politica, inoltre alla luce delle nostre rivelazioni cristiane, fu la riscoperta degli scritti di Aristotele. Osservando l’approccio tomistico alla politica, il Prof. Daguet distingue due caratteristiche importanti. In primo luogo, come la bontà morale garantisce la forma ultima del buon ordine in politica, che a sua volta sarà soggetto alla bontà di Dio. Guardando alle sfere politiche, il bene di tutti è nella sua comprensione una sorta di compimento dell’attività umana nel contributo – all’interno del quale si arriva a un compimento morale ultimo e unitario. Anche se dobbiamo tenere a mente che sarà sempre soggetto a Dio. Come ha sottolineato il nostro relatore, “l’originalità del pensiero di San Tommaso d’Aquino deriva dal fatto che egli non elimina il bene di questa terra, ma piuttosto, accettandolo, lo assegna al regno soprannaturale della grazia di Dio”. In accordo con la dottrina di San Tommaso è essenziale riconciliare la natura con la grazia – e l’essere aperti a questo cammino è ciò che può garantire singolarmente alle persone sulla terra la vera gioia e felicità.

La seconda caratteristica importante per San Tommaso d’Aquino, il Prof. Daguet ha articolato come la Chiesa e lo Stato siano chiamati a lavorare insieme a vari livelli. Ha fatto notare come San Tommaso ha applicato due nuovi approcci di Aristotele, uno che cerca la comprensione dello stato che funziona sulla terra, e l’altro chiarisce in modo un po’ incoerente la relazione tra la Chiesa e lo stato. In nessuno di questi casi egli equipara l’uno all’altro, anche se, in accordo con il concetto successivo presentato dal Vaticano, la Chiesa è considerata come l’agente teologico catalizzatore di società che sono di natura secolare.

Nella parte successiva della sua conferenza, il Prof. Daguet si è concentrato sull’influenza che la teologia della politica di San Tommaso d’Aquino ha esercitato. Ha indicato, tra gli altri momenti importanti, un momento cruciale di spartiacque risultante dalla Rivoluzione francese, in cui la Chiesa ha cominciato a perdere la forza di funzionamento che aveva fino a quel momento. Nel XIX secolo si notò che mancavano strumenti adeguati per conciliare le questioni delle classi dirigenti con le norme e i valori secolari. Ciò che abbiamo ereditato da San Tommaso d’Aquino a questo proposito è diventato fondamentale per aiutarci ad acquisire una prospettiva.

Nel suo successivo ambito di discernimento, il Prof. Daguet ha illuminato come una teologia della politica abbia avuto il suo “rinascimento” nel 20° secolo. Diversi elementi particolari del pensiero tomista appaiono sporadicamente nella mente di diversi pensatori, anche se raramente accade in modo sano. Un filosofo che ha assunto il compito di un approccio olistico per capire l’ordine nella politica alla luce delle nostre rivelazioni cristiane, è stato Maritian. Tutto sommato, per Daguet le sue sintesi e i suoi concetti hanno poco valore e non sono realistici nel loro potenziale di applicazione, anche se spesso vengono letti e considerati a prima vista con entusiasmo.

Nel XIX secolo si notò che mancavano strumenti adeguati per conciliare le questioni delle classi dirigenti con le norme e i valori secolari.

Dopo San Tommaso d’Aquino, il successivo passo significativo compiuto dalla Chiesa per articolare le questioni politiche fu il Concilio Vaticano II, durante il quale furono presenti echi degli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino, in particolare sul tema delle comunità politiche naturali in forma di famiglia e di stato. Secondo il Prof. Daguet, il Concilio ha portato le idee presentate dalla visione cattolica a questioni secolari che sono state ugualmente influenzate da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Qui sono stati identificati due principi principali su cui sono stati costruiti questi concetti. Il primo è stato elencato come un’autonomia ben definita della realtà politica e anche religiosa, che si basa sulla loro cooperazione insieme, pur non negando alla Chiesa la possibilità di valutare e opinare sulla moralità associata a vari casi diversi, che derivano dal livello politico. Il secondo principio qui distinto riguarda ciò che è stato menzionato nella Dignitatis Humanae e stabilisce il quadro per garantire il diritto alla libertà religiosa delle società politiche all’interno delle comunità.

Questi vari punti portano il Prof. Daguet a concludere che il Concilio Vaticano II dà una prospettiva su come le evoluzioni delle società che hanno avuto luogo negli ultimi duecento anni sono avvenute all’ombra della civiltà cristiana. Egli vede inoltre in questo, come la Chiesa ha cercato di mettere in relazione la visione sociale e comunitaria della politica e inoltre le relazioni che queste comunità cercano di realizzare. Come Daguet chiarisce ulteriormente nella parte seguente della sua conferenza, elementi più importanti e significativi per una teologia della politica sono stati elaborati da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI durante i loro pontificati. Qui sono state spiegate due questioni principali da considerare per quanto riguarda la politica, che entrambi i Papi hanno esplorato nei loro discorsi teologici.

Il primo è stato il ritorno di San Giovanni Paolo II alle dottrine tomiste riscoperte da Leone XIII riguardo alla legge naturale. Qui, insieme ad altre questioni, siamo avvertiti della “minaccia e del rischio di confondere la democrazia con il relativismo etico” che può portare ad esempi di affermazioni teologiche derivate dal bisogno di ordine morale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea gli obiettivi etici di vivere all’interno di società e comunità fondate su ideali di bene comune per tutti, la necessità di portare l’ordine politico alle realtà della nostra spiritualità, e allo stesso modo il ruolo della grazia che è assolutamente essenziale a questo per vivere in una società che non ceda al male e alla forza abusiva. In relazione a questi principi, la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2002 di Joseph Ratzinger, rileva e postula un certo tipo di coinvolgimento necessario dei cattolici nella sfera politica, distinguendo inoltre una legittima pluralità di opzioni di governo e un illegittimo pluralismo di concezioni etiche che la singola persona può avere.

Il Prof. Daguet considera i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI come uno sforzo reciproco con l’obiettivo dottrinale di essere portatori di una teologia politica cattolica, nel senso cattolico più veronse.

La seconda questione evidenziata dal Prof. Daguet, è rilevante per una teologia della politica presentata da entrambi i Papi durante i loro pontificati, questa è la sfida di costruire un ordine politico che sia fondato sulla logica ragionata e permetta l’ordine del regno soprannaturale della grazia di Dio. Benedetto XVI si è servito dei cambiamenti del Concilio Vaticano II per evidenziare le differenze negli obiettivi della sfera politica e di quella religiosa. Il Prof. Daguet ha citato dei frammenti dell’enciclica Deus Caritas Est dove il Papa emerito osserva che “la responsabilità dello Stato è portare e mantenere l’ordine giusto, e quanto alla Chiesa è la vita secondo le regole dell’amore e della misericordia”. Vengono inoltre citate le parole di Ratzinger sul tema dell’autonomia in entrambe le sfere, e la critica al diritto positivistico insieme alla successiva diagnosi di Westminster che sostiene e proclama la necessità e il rispetto della legge naturale. Daguet porta ulteriore attenzione all’esortazione di Benedetto XVI che ha sottolineato la cooperazione e la collaborazione tra le sfere della politica e della religione, e anche uno sforzo reciproco per perfezionare il ragionamento con la religione e portare questo in un equilibrio più raffinato. Il Prof. Daguet considera i pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI come uno sforzo reciproco con l’obiettivo dottrinale di essere portatori di una teologia politica cattolica, nel senso cattolico più veronse.

Nell’ultima parte della conferenza padre Daguet ha messo in evidenza altri tre punti conclusivi. In primo luogo ammette che la tradizione della Chiesa, che aveva a disposizione le opere di San Tommaso d’Aquino, aveva presentato i suoi ideali un po’ debolmente per quanto riguarda le proposte costruttive per la politica, e di conseguenza questo si è fatto sentire molto nei secoli XIX e XX. E da questo punto di vista le opere di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI che hanno preso forma come certi ideali per la teologia politica sono diventate fondamentali e quindi debitamente rilevanti. Sono però poco conosciuti, forse a causa della sporadicità con cui sono stati sviluppati i loro principi, pur rimanendo in effetti un progetto incompiuto e non ancora pienamente realizzato. Come ha sottolineato il Prof. Daguet a questo punto della conferenza, la mancanza di una realizzazione o di una sintesi di queste idee attraverso un’enciclica, per esempio, non aiuta particolarmente la causa rappresentata dagli argomenti qui presentati.

Concludendo, il Prof. Daguet invita i teologi a “svegliarsi dal nostro letargo secolare” in questo particolare ambito, e a riscoprire inoltre una rinnovata teologia politica tomista, che sarebbe una risposta adeguata e pertinente alle nostre sfide e problemi politici contemporanei.

Sintesi: Hanna Nowak
Traduzione: Tomasz Sosnowski

Il testo completo della lezione può essere trovato qui.